Che sia al mare, in montagna, in agriturismo o nelle città d’arte, oggi il turismo è sempre più “esperienziale”.
Alle vacanze statiche nelle classiche mete da catalogo si vanno affiancando attività dinamiche, come scoprire nuovi sapori in cucina o in una vigna, cercare panorami insoliti sott’acqua o a 2000 metri, mettersi alla prova in nuove sfide sportive lontane dalla quotidianità.
La montagna, per esempio, è un ambiente talmente unico e ricco di stimoli che può sempre proporre nuove esperienze outdoor, 12 mesi all’anno. Arrampicata su roccia, su ghiaccio, alpinismo, trekking e molto altro ancora: sta al turista o allo sportivo declinare queste attività secondo i propri gusti e in base alla preparazione. Dobbiamo però ricordare sempre che il rischio è dietro l’angolo. Per questo è importante vivere la montagna in sicurezza, affidandosi a professionisti come le guide alpine, in grado di proporre esperienze indimenticabili ma senza problemi.
Perché affidarsi a una guida alpina?
Sfatiamo subito alcuni luoghi comuni. La guida alpina non è solamente un esperto a cui si ricorre per conoscere flora e fauna della montagna. Così come non accompagna solamente comitive di pensionati e bambini. Una guida è indispensabile tanto per chi desidera muovere i primi passi in ambiente alpinistico, quanto per gli amatori più esperti che desiderano arrivare in vetta attraverso altri itinerari più impegnativi e meno scontati. Spesso sono proprio gli atleti preparati i primi a farsi accompagnare da guide alpine locali nelle sfide più estreme, o in zone che non conoscono.
Per questo, a volte, si è portati erroneamente a pensare che le guide siano da interpellare solo per le attività estreme e pericolose. Tutt’altro: la conoscenza del territorio e della natura è l’altra grande competenza delle guide, che di fatto sono dei formatori, compagni di viaggio e mediatori tra il turista “slow” e i segreti della montagna. La disponibilità di questi professionisti, insomma, ne fa una figura in grado di personalizzare qualsiasi tipo di esperienza outdoor.
Ma il luogo comune su cui scivoliamo tutti riguarda i rischi: è opinione comune, infatti, che siano unicamente le mete alternative, o difficili, quelle che richiedono un accompagnatore certificato. Non pensiamo, invece, che le esperienze nei luoghi più battuti e turistici – proprio per la forte concentrazione di visite – comportano ancora più incidenti. Mai abbassare la guardia quindi! Oltre a una buona attrezzatura e tanta attenzione, portiamo sempre con noi anche un professionista che sappia prevedere tutti i pericoli della montagna.
Cosa significa essere guida alpina certificata?
Un tempo si chiamava “portatore”, perché portava – appunto – sulle proprie spalle il bagaglio o l’attrezzatura del turista, quando si diffuse la moda dell’andar per monti. È nel corso XIX secolo che per la prima volta i padroni della montagna (cacciatori, boscaioli, pastori) iniziano a definire con consapevolezza il loro ruolo di accompagnatori. La prima associazione di guide alpine ufficiali nasce nel 1821 a Chamonix. Da allora, attraverso una serie di consorzi e collegi regionali, la professione di guida alpina è divenuta figura professionale a tutti gli effetti, certificata dall’iscrizione a un albo e riconosciuta in vari paesi europei.
Tuttavia, se qualcuno pensa che chiunque possa improvvisarsi guida alpina dovrà ricredersi: la certificazione, fondamentale per questa professione, comporta un percorso lungo e faticoso. Occorre armarsi di tempo, denaro e tanta, tanta motivazione.
Il primo dei tanti step è un corso propedeutico di 3 giorni, durante i quali si valutano le capacità – ma soprattutto la forza di volontà – attraverso prove pratiche su roccia, sci, ghiaccio e misto. Chi passa la selezione accede così al vero e proprio corso di formazione, della durata di 95 giorni distribuiti in 21 mesi. Al termine di questo corso occorre superare gli esami per ottenere la qualifica di “Aspirante Guida”. Con questo brevetto, che consente l’iscrizione all’albo, si può già lavorare autonomamente, con esclusione dell’estero e con alcune limitazioni in base al collegio di riferimento. L’aspirante guida, per esempio, non può condurre le ascensioni che il Collegio Regionale delle guide alpine ritiene di maggiore impegno.
A questo punto del percorso inizia il cosiddetto “aspirantato”, che dura almeno due anni: al suo termine, un nuovo ciclo di esami consente l’accesso al corso di formazione per il passaggio al titolo di “Guida Alpina – Maestro di alpinismo”, ultimo grado della professione. Il corso in questo caso dura 15 giorni, distribuiti nell’arco di 6 mesi.
Senza complicare il quadro, è bene segnalare che esiste anche un’altra professione certificata, con la quale è possibile vivere esperienze diverse, meno impegnative ma altrettanto emozionati. Si tratta dell’Accompagnatore di media montagna (AMM) che, a differenza della guida alpina, è abilitato a condurre singoli o gruppi su terreni escursionistici senza limiti altitudinali, ma dalla difficoltà limitata. L’AMM è presente in tutti i terreni in cui non è necessario impiegare tecniche alpinistiche e attrezzature quali corde, imbraghi, ramponi, piccozze o strumenti di autoassicurazione (rinvii, connettori etc.). In più, è un educatore ambientale, esperto di botanica, geologia o zoologia, ma anche di architettura, storia e/o geografia, eccetera.
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Cosa fa una guida alpina?
Escursioni in montagna e su sentiero, ascensioni su roccia o ghiaccio, alpinismo classico, sci-alpinismo, freeride, canyoning e molto altro ancora: per tutte queste attività, una guida alpina certificata ci può accompagnare, portarci in punti panoramici o sconosciuti, aiutarci a migliorare la tecnica e, soprattutto, trasmetterci l’amore per l’outdoor e la natura. Ma il suo ruolo non si esaurisce a questo.
C’è l’aspetto organizzativo: sia per i gruppi che per i singoli o le coppie, pianifica il tour o l’esperienza nel migliore dei modi e sa consigliare l’itinerario giusto, in base condizione fisica, interessi, età dei partecipanti e, naturalmente, esigenze personali. E ancora, c’è l’aspetto legato alla preparazione sportiva: la guida alpina certificata aiuta i clienti ambiziosi a migliorare tecnicamente e fisicamente. Per questo non è raro che diventi un punto di riferimento per molti anni e in tutto il mondo: può succedere che si crei un rapporto di fiducia che va oltre una singola esperienza in un luogo preciso.
Ma prima di tutto, ed è bene ripeterlo, una guida alpina ti aiuta a evitare i tanti pericoli che possono presentarsi.
Le insidie della montagna senza guida alpina
Vediamoli allora, questi pericoli, e iniziamo dal nemico numero uno di chi parte per conquistare la cima: la neve. Disomogenea, imprevedibile, difficile da gestire anche per i più esperti: non basta controllare il meteo prima di infilarsi gli scarponi. Inoltre, anche qualora non ci fossero nevicate in arrivo, bisogna essere estremamente cauti nel valutare gli strati, quasi mai omogenei, e i possibili distacchi di costoni di ghiaccio o neve, con tutto quello che può conseguirne.
Assestamento, consolidamento e sovraccarico degli strati nevosi sono tre parole che non dicono molto a un turista, ma per una guida alpina sono le chiavi per garantirvi un’esperienza in tutta sicurezza. Il pericolo di valanghe, per chi non lo sapesse, è misurato su una scala di probabilità che si verifichi, da 1 (debole) a 5 (molto forte). In altre parole, il grado di pericolo è una stima, non una misura, e per questo motivo solo un esperto può fare valutazioni accurate.
Chi pensa che basti conoscere questa scala per valutare se partire o no, consideri che oltre l’80% degli incidenti a causa di una valanga avviene con pericolo 2 e 3. Allo stesso modo, gran parte rischi è già presente con piccole e medie slavine: non c’è bisogno dell’evento catastrofico, quindi, per farsi male seriamente. E comunque, per concludere, neanche il grado 1 garantisce sicurezza totale, motivo per cui non siamo mai autorizzati ad abbassare la guardia.
Se la neve la fa da padrone, le insidie della montagna non finiscono qui: i repentini cambiamenti climatici, anche quando non portano fiocchi, possono ugualmente creare problemi, a partire dalle raffiche di vento con il conseguente effetto windchill, ovvero l’abbassamento di temperatura che rischiamo di percepire ancora più netto di quanto non sia, unito alla dispersione termica. E ancora tutti i pericoli del ghiaccio, le pareti rocciose poco sicure e, non ultimo, la perdita di orientamento. Un pericolo ben presente a tutti, banale da elencare, eppure una delle principali cause di problemi nelle escursioni in cui non c’è una guida a tracciare il sentiero.